Intervista a Stefano Farisè - AI manufacturing BU Manager
THE Ò-BLOG
Dall’industria all’Intelligenza Artificiale per fare la differenza
02 Settembre 2021
Tempo di lettura: 6 minuti
Tu vieni dal mondo dell’industria, delle lavorazioni meccaniche di precisione per l’esattezza. Perché hai deciso di cambiare settore?
Ho cambiato ambito, ma il mio ruolo in Oròbix resta molto legato all’industria. Mi occupo infatti di fare da interprete, da mediatore tra il mondo della manifattura e quello dell’Intelligenza Artificiale. Credo sia un ruolo cruciale per la reale diffusione dell’AI nelle nostre industrie. Metto a frutto la mia conoscenza del settore manifatturiero con la passione per la data Science che deriva dal mio percorso di studi ingegneristici. Passione che già nella precedente esperienza mi ha portato ad occuparmi di innovazione e trasformazione digitale ma soprattutto a sperimentarla con mano costruendo sensori e scrivendo codice. Tornando al perché di questa scelta, direi che è dettata dalla voglia di avere un impatto, di essere parte attiva in questo cambiamento che sta investendo tutti i settori. Portare l’Intelligenza Artificiale dove non è ancora arrivata.
"Il Manifesto di Oròbix dice: WE IMAGINE a better collective future through AI (n.d.r. 😍). Immaginarlo non mi bastava più, ora voglio lavorare per crearlo. I want to make AI happen! Trovare soluzione ai problemi mi fa andare a letto sereno, sapendo di aver fatto qualcosa di buono!"
E perché proprio noi?
Perché vi ho testati e da bravo ingegnere non avrei potuto prendere una decisione così importante senza dati alla mano! Ho testato la concretezza di Oròbix lavorando su un progetto di Computer Vision (n.d.r.: lo abbiamo raccontato qui: https://orobix.com/osservatorio-ai-2020-2021-business-case/) e ho capito che c’era affinità di metodo, orientamento al problem solving e tanta voglia di fare. Tutto quello che mi serviva per fare questo salto.
Che cos’è per te l’intelligenza artificiale?
Per me è un “abilitatore di miglioramento continuo” (n.d.r. 😮). In azienda spesso si sprecano settimane rincorrendo soluzioni puntuali, mettendo toppe, senza trovare il tempo di guardare un po’ più lontano e pensare a soluzioni che possano davvero apportare valore. Non abbiamo tutto il tempo del mondo per un solo problema! L’Intelligenza Artificiale accelera questo processo e permette di usare i dati per oggettivare le competenze degli esperti, due intelligenze che si incontrano.
Ci sono grandi aspettative legate all’AI ma i dati descrivono un’adozione ancora limitata nelle nostre industrie. Perché secondo te?
Questo è un momento importante per l’industria italiana, in cui sono in gioco competitività e prospettive future. L’Intelligenza Artificiale gioca un ruolo fondamentale. Come ogni grande innovazione, ci vuole del tempo prima che se ne capiscano realmente i benefici concreti per le specifiche aziende. Ci vuole pazienza nell’accompagnare i clienti alla scoperta dell’intelligenza artificiale e soprattutto è necessario farne toccare con mano le potenzialità, declinare i casi d’uso sulle reali problematiche delle aziende. Non si deve restare sul generale, bisogna andare a fondo. Le AI Solutions di Oròbix servono proprio a questo: fare esperienza dell’AI, toccarla con mano sui problemi specifici delle aziende. Un cambiamento molto importante che supera l’approccio “fattibilità – PoC – sviluppo del modello – messa in produzione”. Noi partiamo direttamente dal fondo, andiamo in produzione con un modello da specializzare sulla base dei dati del cliente presi direttamente dalla linea. Rischiamo, ma ci guadagnamo in solidità della soluzione e soprattutto ne testiamo limiti e potenzialità insieme al cliente. Escluderlo, nascondendoci dietro al nostro essere specialisti della materia, non aiuta il processo di comprensione ma crea diffidenza. La situazione che stiamo vivendo ci impone di essere agili, molto efficaci e di condividere con il cliente strategie, rischi e risultati.
Non ti sembra a volte che il mondo dell’industria e quello delle aziende tecnologiche parlino linguaggi differenti?
Capisco la difficoltà da entrambe le parti. Ci sono passato. Provo a farti un esempio concreto. Detectiv.ai, la nostra soluzione per l’anomaly detection su serie di dati provenienti da sensori IoT, può essere proposta in tanti modi ma non tutti sono efficaci e comprensibili al mondo dell’industria. Se resti generico, è probabile che non ti capiscano. Se provi però a scendere nel concreto per esempio facendo vedere un video di una fresatura con tanto di truciolo – devi sapere che i trucioli, per chi lavora nel mondo delle lavorazioni meccaniche, sono importantissimi – e i dati collegati alla lavorazione, rilevati da un semplice accelerometro e mostri la correlazione lavorazione/dato rilevato, tutto diventa più semplice. Alla fine gli strumenti di analisi dati, anomaly detection e prediction non sono altro che l’oggettivazione scientifica delle relazioni input/output: un utensile non correttamente settato produrrà una lavorazione non conforme. A me piace vedere la fisica nei dati. Questo tipo di nozioni, acquisite con l’esperienza, sono il pane quotidiano degli operatori specializzati delle nostre industrie ma é davvero difficile insegnarle a una intelligenza artificiale senza conoscere l’ambito. É un percorso di avvicinamento, ci vuole pazienza da entrambe le parti, ma è fattibile e soprattutto necessario. É una fortuna trovare dall’altra parte qualcuno che capisca l’importanza del gioco di squadra tra esseri umani e nuove tecnologie. Le persone con l’ausilio dell’AI diventano capaci di fare meglio e prima, ma bisogna farlo toccare con mano!
La figura del data scientist sta diventando sempre più diffusa anche nelle nostre industrie. Quali consigli daresti a un data scientist impiegato in un’industria meccanica?
Per prima cosa gli suggerirei di sporcarsi le mani. Di andare in produzione, parlare con gli operatori, andare a fondo delle questioni, intercettare i mal di pancia a tutti i livelli. Io quando vedo un impianto che soffre devo intervenire! Capire un teorema matematico non è poi così diverso dal capire il funzionamento di una macchina. Sempre di ingegno umano stiamo parlando! Non restare in superficie e cercare il confronto. Altrimenti si rischia che i modelli restino fredde funzioni matematiche scollegate dalla realtà, esercizi di stile che non aiutano nessuno. Poi gli suggerirei di trovare la propria voce, un modo per rendere comprensibile a tutti i livelli, dalla produzione al management il proprio lavoro. Comunicare risultati e metodi é l’unico modo per far sì che i progetti non restino In un cassetto ma entrino in produzione. É la sola strada per avere un impatto reale e generare valore per tutti.
E ai manager che stanno pensando di intraprendere un progetto di AI ma sono dubbiosi? Cosa suggeriresti di fare?
Di informarsi il più possibile, oggi è molto facile accedere a informazioni più o meno tecniche. Senza consapevolezza non si possono prendere decisioni di questo tipo e si rischia di seguire una moda ma senza capirne il valore. E poi fare esperienza, scendere in campo. Chiedere trasparenza, chiedere sistemi monitorabili. Coinvolgere il personale necessario, gli operatori di linea, ma anche chi si occupa di innovazione perché tante volte basta confrontarsi per progettare soluzioni che in poco possono scalare da problemi semplici e contingenti a situazioni più complesse.
"Perché la bontà di un’innovazione come l’Intelligenza Artificiale va ben oltre la tecnologia usata, ma risiede nei cambiamenti che può generare all’interno dell’organizzazione, sia essa un’industria meccanica o di qualsiasi altro tipo."
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